La Storia della Chiesa di San Benedetto

Madonna Altare Entrata

La Chiesa di San Benedetto con le sue pertinenze faceva parte di un antico complesso monastico benedettino la cui costruzione risale agli inizi del 1600. Oggi sorge nel cuore del quartiere di Chiaia laddove l’asse Via Francesco Crispi – Via Michelangelo Schipa si interseca con via Arco Mirelli. All’epoca del suo insediamento il borgo di Chiaia, che si era andato formando nel XVI secolo, era al di fuori delle mura cittadine. Queste ultime arrivavano, infatti, all’altezza dell’attuale via Santa Caterina ove era ubicata la Porta di Chiaia (ora scomparsa). Il quartiere si sviluppava quasi esclusivamente a ridosso del mare attraverso un percorso costiero, la Riviera di Chiaia, ed uno interno, strada Alabardieri, via Cavallerizza, via Ferrantina, via S.Teresa, vico S.Maria in Portico. La zona alle spalle, fino ad arrivare al Casale del Vomero, era caratterizzata dai grandi giardini che circondavano le residenze patrizie. Nel Settecento il borgo continuò ad espandersi lungo la costa e comunque verso occidente come documentato dalla Mappa del Duca di Noya e poi, dai primi decenni dell’Ottocento, si cominciò a realizzare la famosa palazzata borbonica lungo tutta l’attuale Riviera di Chiaia con la quale si manifestò la tendenza delle grandi casate nobiliari napoletane, tradizionalmente residenti nel centro storico, a farsi una dimora gentilizia sul mare. Il passo successivo per l’espansione del quartiere fu il decreto dittatoriale di Garibaldi nel 1860 che approvava la costruzione di un nuovo quartiere nell’area compresa tra il corso Maria Teresa (oggi corso Vittorio Emanuele) e le vie di Chiaia. Esso doveva svilupparsi attorno a un itinerario che si dipartiva dalla fine del percorso interno parallelo alla Riviera e cioè dalla chiesa di Santa Maria in Portico (termine di via Piscicelli) per raggiungere il corso Vittorio Emanuele attraverso via Martucci, piazza Amedeo, via Crispi (allora corso Principe Amedeo) e via Pontano. Il nuovo quartiere, la cui configurazione corrisponde a quella odierna, venne denominato Rione Amedeo. L’originario monastero di S. Benedetto a Chiaia apparteneva insieme con i monasteri dei S.S. Severino e Sossio, di S. Lorenzo di Aversa, della S.S. Trinità di Cava de’ Tirreni ed il monastero di Montescaglioso, alla Congregazione Cassinese dell’ordine Benedettino.
 Fondato nel 1601, inizialmente nella villa o casale della Barra ed eretto ad abbazia nel 1607 da Pio V, il monastero fu trasferito nella regione di Chiaia, presso l’Arco Mirelli, dove, lungo la strada che conduceva al Vomero e detta Imbrecciata, doveva esserci un monastero di Benedettini, divenuto poi il convalescenziario dei Cassinesi. Un atto rogato in Napoli il 4 aprile 1625 dal notaio Giovanni Scalese, testimonia la traslazione del monastero da Barra a Napoli, resasi necessaria per l’aria pestifera delle paludi napoletane nella zona di Barra che rendeva impossibile continuare l’opera di fondazione degna di un monastero Benedettino di diritto pontificio, nonché per l’azione incessante dei ladri e briganti; la nuova ubicazione era certamente più comoda per la quiete spirituale dei confratelli. La traslazione fu resa possibile grazie alla donazione dell’area di un giardino e di una casa, del valore di 4000 ducati, fatta a don Gabriele Lapini, priore del monastero, dal notaio della corona Giulio Cesare Guadagno. L’istrumento di donazione fu ratificato il 28 luglio dello stesso anno 1625 con un istrumento del notaio Marzio de Grisi. La costruzione della Chiesa ebbe inizio nel 1690 e fu condotta a termine nel 1709; il 25 luglio dello stesso anno fu inaugurata con un solenne pontificale celebrato dall’Abate Giacomo Caracciolo alla presenza del vicerè e della nobiltà napoletana. Il monastero di San Benedetto a Chiaia fu comunque soppresso nel 1806 prima ancora del Decreto Generale del 13/02/1807 (Soppressione degli Ordini Monastici) emanato da Giuseppe Bonaparte. Il complesso edilizio passò così al Demanio per essere poi venduto nel 1819 al Generale Giovanni Tarantini. La famiglia Tarantini curò di mantenere la Chiesa aperta al pubblico, tra alterne vicende, fino al 1902. Dal 1902 al 1920 la Chiesa restò chiusa sprofondando in uno stato di estremo abbandono e degrado finchè fu ceduta (forse per compravendita) dai Tarantini al Sacerdote Spitaleri che, dopo averla pulita, ripristinata con piccoli restauri e aperta al culto, la donò all’Arcivescovo pro-tempore Cardinale Sisto Riario Sforza. Il 25 maggio 1925 il Cardinale Alessio Ascalesi la eresse a Parrocchia. Il monastero, invece, fu trasformato, poco alla volta in abitazioni per privati, perdendo così la bellezza monumentale originaria. Anche la palazzina annessa alla Chiesa ed avente accesso dalla traversa privata di via Schipa è sorta in epoca tardo ottocentesca sui resti dell’antico monastero.